Tarocchi e crescita personale

tarocchi e tarologia evolutiva per la crescita personale

Se hai pregiudizi nei confronti dei tarocchi, sappi che questo è l’articolo giusto per te.

Perché io per prima sono stata super campionessa di pregiudizi verso i tarocchi.

Anzi ti dirò di più: ne avevo proprio paura.

Una volta a Bologna ho pernottato in una casa che ho scoperto solo quando sono arrivata appartenere a un’indovina. Sul tavolo della cucina c’era un mazzo di tarocchi di Marsiglia. La casa era grande e io ero da sola. Fin da piccola mi avevano inculcato che da “quelle cose” bisognava stare lontani, per cui quando ho visto quei tarocchi, ho pensato che dentro quella casa chissà cosa era accaduto di malefico e avevo il terrore di dormire la notte lì. I tarocchi neanche li guardavo… pensa te quanto i pregiudizi influiscono su una bambina che diventa un’adulta piena di paure.

Beh, per farla breve, ho dormito in quella casa tre notti come un ghiro, e te lo dice una che ha il sonno molto, ma molto, leggero.

Qualche anno dopo, in preda a una crisi lavorativa, chiesi consigli a una strategist di cui mi fidavo parecchio, e lei mi disse: “Perché non ti fai fare una lettura da Manuela Angelini?”.

Inizialmente pensavo scherzasse.

Avevo chiesto consiglio a una strategist. Parliamo di roba concreta, pratica, io sono una con la testa estremamente scientifica e, come ho detto prima, sui tarocchi avevo un atteggiamento tipo Vade Retro.

Però di questa persona mi fidavo e io ho questa qualità che mi riconosco: se ho fiducia, mi butto, per lo meno provo.

Così contattai Manuela e… da allora, non l’ho più lasciata.

Posso certamente affermare che Manuela Angelini è una delle più belle persone che abbia conosciuto negli ultimi tre anni della mia vita.

Da quel momento ho iniziato a studiare i tarocchi dal punto di vista di Jung e Jodorowsky (dal punto di vista della psicanalisi che è scienza), ho conosciuto la potenza degli archetipi, di uno specchio fedele di ciò che hai dentro, di qualcosa che agisce nel qui e ora, non nel futuro come si potrebbe pensare.

Uno strumento che restituisce il potere nelle tue mani, non è affidato a qualcosa o a qualcuno, ma ti offre un punto di vista su cui tu puoi agire da protagonista.

Da due anni sono iscritta al percorso di Manuela, Sarà l’anno, sperimentando tutto questo sotto l’ala del proprio intuito personale.

E oggi ho finalmente deciso di condividere con te questo strumento potentissimo per la propria crescita personale, scevro da tutte quelle cavolate che ho ascoltato fin da piccola e che, ahimè, si sentono ancora.

Lo faccio attraverso l’intervista a Manuela Angelini per l’appunto, perché tu possa conoscere la splendida persona che è e come usare i tarocchi per la tua crescita personale.

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Manuela Angelini

Alla scoperta dei tarocchi con Manuela Angelini

N. Ciao Manuela, ci racconti qualcosa di te?

M. Sono Manuela e mi definisco una Tarot Mentor.

Leggo e insegno i Tarocchi a donne intelligenti, curiose e piene di talenti, che vogliono compiere un viaggio dentro se stesse per comprendere blocchi e paure, riscoprire la loro magia, manifestare il loro potenziale e creare la vita che desiderano. 

Mi piace molto anche fare divulgazione su questo meraviglioso strumento che sono i Tarocchi perché purtroppo nel tempo sono stati relegati in un immaginario polveroso e pieno di superstizioni.

Desidero ridar loro dignità e restituirli alle persone come mezzo per risvegliare l’intuito, connettersi alla propria saggezza interiore e come guida verso la realizzazione.

Amo i libri e la scrittura e questo mi ha portato a scrivere un libro io stessa, un libro che portasse nel mondo il mio messaggio: i Tarocchi possono far parte della vita di tutti come saggio, antico e prezioso strumento di autocoscienza; dunque non per predire futuro, ma per creare il futuro desiderato, che è sempre nelle nostre mani.

Adoro la musica, il jazz in particolare: in passato ho organizzato diversi concerti e un giorno mi piacerebbe rifarlo.

Amo la natura, camminare nei boschi con il mio cane e cogliere tutta la magia delle ore di confine: le prime del giorno e quella del tramonto.

Adoro circondarmi di incensi, candele e cristalli.

Non amo la confusione, la mondanità e seguire le mode.

Credo fermamente nell’autodeterminazione, nel libero arbitrio, nel libero pensiero e nell’Universo che ci guida e supporta. Credo nelle possibilità e nell’impegno.
Credo che una buona lettura di Tarocchi sia quella che ci stimola a riflettere, ad agire e magari ci lascia con qualche domanda, non quella che ci da delle risposte pronte che verranno dimenticate un minuto dopo.
Credo nella magia come unione di responsabilità, potere e fiducia.
Credo nella spiritualità del quotidiano e che lo spirito sia in tutto ciò che ci circonda.
Questa è la visione che porto nel mio lavoro, che infonde ogni mio progetto, ogni mia azione e tutta la mia vita.

Primo approccio con i tarocchi

N. Com’è stato il tuo primo approccio con i tarocchi?

M. Già ai tempi dell’università io e le mie compagne ci divertivamo a interpretare le carte piacentine, ma era soltanto un gioco.

L’incontro vero c’è stato molto più tardi quando, alla soglia dei 40 anni, mi sono trovata a vivere una grande crisi professionale e personale.

Ero in un momento della vita già di per sé delicato, e mi capitava ben spesso di pensare a quel senso di scomodo, di fastidio, che pervadeva tanti aspetti della mia vita.

Il lavoro stava prendendo una piega che non avevo previsto e che non mi rispecchiava, alcuni rapporti mi appesantivano, mi si presentavano in continuazione situazioni indesiderate.

Avevo la netta sensazione di non avere in mano il timone della mia vita e di star vivendo in un modo che un “sistema” mi aveva costretta ad adottare e che, in realtà, io non volevo affatto.

Iniziai a farmi domande in maniera quasi ossessiva sul perché di tutto questo: durante il giorno non facevo altro che rimuginare e lamentarmi di quanto tutto fosse ingiusto, persa in una spirale di pensieri negativi.

Fu in questa situazione che il mio compagno, preoccupato per me, pensò un bel giorno di regalarmi una seduta da una cartomante.

Io però non volevo assolutamente andarci, non “credevo” in quelle cose, non riuscivo a concepire che ci fosse gente che credeva a tutto quello che poteva dirgli una cartomante sulla sua vita e sul suo futuro.

Lui però insistette così tanto da prendermi per sfinimento. Alla fine accettai e nel giro di pochi giorni mi ritrovai nella sala d’attesa della famigerata cartomante. 

Fu una seduta grottesca ma trasformativa allo stesso tempo: piena di senso critico azzardai qualche domanda e lei, perfetto specchio delle mie aspettative, buttò lì qualche assurda e improbabile risposta futuristica tutta basata sul “succederà che…”, “c’è dell’invidia…” “arriverà una notizia…”, “un uomo importante ti aiuterà…”.

Tutte quelle frasi che sembravano sentenze inappellabili, dove la mia volontà non contava nulla, mi misero addosso un senso di ribellione e una sorta di rabbia che dovevo assolutamente esprimere in qualche modo.

Ancora non me ne rendevo conto, ma stavo cominciando a reagire. Il desiderio di ribellarmi rimandava a quello di cambiare tutto quello che, nella mia vita, non avevo voluto né deciso.

A un certo punto avvenne qualcosa di strano: mi alienai completamente dalla voce della cartomante, la sentii allontanarsi sempre di più fino a diventare ovattata e poi sparire del tutto, mentre la mia attenzione veniva completamente assorbita dalle immagini delle carte davanti a me. Come in uno stato di trance iniziai a guardarle una a una per la prima volta. Le avevo viste tante altre volte, ma non le avevo mai davvero guardate. E più le guardavo, più ci vedevo me stessa, scene della mia vita, simboli che facevano affiorare emozioni, ricordi, desideri, spaccati del passato e del presente.

Appena fuori dallo studio, la prima cosa che dissi al mio compagno fu: «Non ci credo che con i Tarocchi si possa solo guardare il futuro. Ci dev’essere di più!»

Lui mi guardò con espressione interrogativa, probabilmente pensava che gli avrei raccontato le profezie della cartomante, e invece dissi: «Mentre rientriamo voglio comprare un mazzo di Tarocchi!»

Era l’inizio di una straordinaria avventura!

Cartomanzia o tarologia: differenze

N. Ci spieghi qual è la differenza tra tarologia e cartomanzia?

M. La cartomanzia (termine che che deriva da “Mantica”, la pratica di divinare il futuro interpretando segni di varia natura), usa i simboli, le allegorie e gli archetipi delle carte per capire cosa accadrà nel futuro.

L’attenzione quindi è rivolta alla previsione di eventi che dovrebbero verificarsi nella vita del consultante.

Da parte mia non pratico questo approccio perché presta il fianco a un atteggiamento fatalista, passivo, quasi vittimistico.

La sensazione potrebbe essere quella di ricevere una sorta di sentenza inappellabile dagli Arcani e di non poter fare nulla per cambiarla o dover soltanto aspettare che gli eventi pronosticati si realizzino, come se dipendesse totalmente da qualche fattore esterno a noi, slegato dalla nostra volontà.

La Tarologia, invece, usa archetipi e simboli dei tarocchi per accompagnare il consultante a guardare dentro se stesso e trovare nuove prospettive e spunti di riflessione che lo aiutino a tirarsi fuori dalla situazione di difficoltà, incertezza o blocco in cui si trova.

Nella Tarologia quindi si porta l’attenzione al presente, un presente su cui poter agire per cambiare. La sensazione che si ha non è più quindi di impotenza, ma l’opposto: posso agire sulla mia realtà per migliorarla.

Cos’è la Tarologia Evolutiva

N. Si sente spesso il termine “Tarologia Evolutiva”. Posso chiederti cosa si intende con questa definizione?

M. Forse il senso di questo termine si può già dedurre da quanto abbiamo detto in merito alla Tarologia.

In questo approccio i Tarocchi vengono usati come strumento per aiutare il consultante a guardarsi dentro, comprendere il suo presente, come sta vivendo la sua realtà, quali blocchi gli impediscono di realizzare ciò che vorrebbe e quali risorse può mettere in campo per sbloccarsi e attivare un cambiamento.

Autocoscienza, sblocco, attivazione, cambiamento portano a un’evoluzione della persona insieme a una sua crescita personale ed ecco perché si parla di Tarologia evolutiva.

Cosa fa un tarologo

N. Quindi in sostanza cosa fa un tarologo?

M. Un tarologo accompagna il consultante nel suo viaggio introspettivo, stimolando in lui osservazioni inedite, nuovi punti di vista, nuove considerazioni.

Lo fa mettendosi in ascolto attento e privo di giudizio della persona, ponendo domande e proponendo un’interpretazione della simbologia dei tarocchi che tenga in considerazione il suo sentire e lo coinvolga come parte attiva della sessione.

In una lettura tarologica, il consultante non è trattato come qualcuno che deve solo “ricevere” informazioni o consigli senza partecipare, ma per ciò che è: un soggetto che non ha nulla di sbagliato e ha tutte le risorse per poter gestire la sua situazione e trasformare attivamente la sua realtà.

N. Hai un progetto futuro che vuoi condividere con chi ci legge?

M. Sto lavorando a un progetto molto grande riguardante la formazione in ambito tarologico ma è davvero ancora troppo presto per anticipare di più.

Nel frattempo, chi desidera entrare in contatto con questo bellissimo strumento di autocoscienza in modo intuitivo e trasformativo, può regalarsi il mio libro Tarocchi per la vita che ho scritto per accompagnare le persone a crearsi una pratica personale con i tarocchi e renderli uno strumento veramente utile nella vita e nella propria realizzazione.

N. Grazie, Manu, per essere stata mia ospite in queste pagine al contrario e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti presenti e futuri.

Libri sui tarocchi evolutivi

Leggere è sempre una buona pratica per approfondire.

Quindi eccomi a te con un po’ di libri che ti permetteranno di approfondire i tarocchi dal punto di vista evolutivo.

  • Iniziamo proprio dal libro di Manuela, Tarocchi per la vita, che ti accompagnerà nella scelta del tuo primo mazzo, nella conoscenza degli Arcani Maggiori, nelle chiavi di interpretazione delle carte. Assolutamente perfetto per iniziare a sperimentare tu stessa/o la pratica dei tarocchi.

C’è la storia di Jodorowsky, i suoi studi e le ricerche che lo hanno portato a coniare e diffondere il termine stesso tarologia e il distacco dalla cartomanzia. C’è il legame che, a molte/i potrebbe sembrare assurdo, tra tarologia e buddismo, tra materia e spirito.

  • Concludo con uno degli autori che amo da tutta la vita: Italo Calvino. Ebbene sì, lui conosceva i tarocchi e ne conosceva soprattutto gli aspetti archetipi ed evolutivi. Il libro che ti consiglio si chiama Il castello dei destini incrociati, che non è un manuale né un trattato ma uno dei suoi più rari romanzi.

Bene, mi auguro di averti accompagnato in questo viaggio alla scoperta dei tarocchi attraverso una prospettiva diversa rispetto a quella a cui sei abituata/o e che questo viaggio possa continuare nella tua vita attraverso la conoscenza.

Perché è la conoscenza a darci le chiavi per uscire dai pregiudizi, a permetterci di sperimentare in prima persona e offrirci la possibilità del cambiamento.

Buon viaggio, anima al contrario, che sia fisico e/o spirituale poco importa, che ti porti verso la tua felicità, questo sì, importa. Tanto!

Grace the Amazing: Instagram Strategist No Bot

Intervista Grace The Amazing Unadonnaalcontrario

Insegno a crescere su Instagram senza Bot” è il suo motto. E a noi, gente al contrario, quel “senza Bot” piace tanto, vero?

Il suo nickname è Grace the Amazing ed è l’Instagram stategist che tutti vorremo avere al nostro fianco.

Occhi profondi, lunghi capelli biondi, Grace parla in modo dolce e allo stesso tempo efficace.

È diretta, sempre chiara e trasparente e probabilmente è questa la qualità che ama di più chi la segue, me compresa.

Non è un’esperta di marketing, come lei stessa dichiara, ma un’autodidatta e, dopo un periodo da book influencer, si è innamorata di questo social e lo ha voluto studiare.

Tra un post interattivo con numeri davvero impressionanti (circa 6000/7000 commenti) e uno personale fino al midollo, è diventata probabilmente la consulente di Instagram più seguita del momento.

Ci tenevo a intervistare Grace The Amazing da qualche mese per scoprire insieme a te qualcosa di più della Grace “essere umano” oltre che professionista e devo dire che, dopo l’intervista, l’ho amata ancora di più.

Foto Grace the Amazing articolo Unadonnaalcontrario

Intervista a Grace the Amazing

N – Ciao Grace, innanzitutto come stai? So che sei prossima al matrimonio e mi auguro che i preparativi procedano al meglio, nonostante il periodo complicato che stiamo vivendo un po’ tutti nel mondo.

G – Ciao Noemi! Tutto sommato abbastanza bene, l’importante è essere in salute, no? Il matrimonio per ora è un grosso punto di domanda, spero che non dovremmo rimandarlo, ma vedremo…

N – Posso chiederti chi è Grace, nella sua parte più profonda?

G – Ah, ah, bella domanda! Penso che prima di tutto sono una sognatrice ma nascondo questo aspetto di me perché è sempre doloroso condividere dei sogni che poi magari vengono derisi o infranti dalla grigia realtà. Così la Grace un po’ più adulta cerca sempre di trasformare i sogni della Grace bambina in obiettivi più o meno raggiungibili. Spero più che meno!

N – Perdonami ma sono un’inguaribile curiosa: come mai hai scelto questo nickname? Corrisponde al tuo nome?

G – Il mio nome completo è Graziosa ma non lo sopporto. La variante americana Grace mi piace molto di più e da tempo infatti tutti i miei amici mi chiamano così. Per quanto riguarda il nickname… Nel 2013 ero in fissa con il Grande Gatsby, ho adorato il libro e anche il film. Nello stesso periodo un mio amico mi ha detto che ogni volta che sente il mio nome gli viene in mente il gospel Amazing Grace. E poi la mia mente malata ha fatto il resto unendo questi due concetti in un unico nickname che non ho mai cambiato da quel momento.

Autenticità sì, autenticità no?

N – La questione “Autenticità” è parecchio dibattuta sui social. Tu che ne pensi? Secondo te ci sono differenze nell’approcciare l’autenticità tra profili di personal branding e profili aziendali?

G – Penso che, se non sei autentico sui social, su Instagram soprattutto, hai vita breve. Il tuo pubblico lo noterà facilmente e smetterà in fretta di essere interessato a quello che fai e quindi smetterà di seguirti. E vale per il personal branding come per i profili aziendali, solo che nel secondo caso si tratta dei valori che l’azienda ha. Se dice di essere eco-friendly e poi tutti i packaging sono in plastica… Insomma, in pochi continueranno a seguire un profilo con tale coerenza.

N – Sul tuo Instagram hai raccontato cose molto personali come la tua esperienza con “Papi” e “Padre”. Ti va di raccontarla anche a chi passa tra queste pagine e non ti conosce e come questa tua esperienza ti ha cambiato nella vita? Sono certa che possa essere di incoraggiamento ad altre persone che ci leggono.

G – Come mi ha cambiata sinceramente non lo so perché non ho vissuto in altri modi. Da sempre ho avuto due padri: un padre biologico alcolizzato che non ha azzardato ad alzarmi le mani (se non per gioco per fare la lotta, cosa che comunque io non gradivo) ma la sua violenza psicologica si è sentita, e un secondo papà affettivo che mi ha cresciuta come se fossi sua figlia. Ecco, quindi mi è difficile pensare come mi ha cambiato, perché non è che c’è stato un cambiamento. Sin da piccola ho vissuto con queste due figure. Diciamo che mi reputo comunque fortunata perché almeno io un padre amorevole l’ho avuto, mentre tanti altri ragazzi si trovano con solo un padre biologico violento o non hanno proprio un padre.

Il click del cambiamento

N – Te lo ricordi quel momento in cui hai abbandonato il tuo ruolo da book influencer e hai capito che volevi fare altro con Instagram? Cos’è che ti ha fatto fare click?

G – Sì, è successo quando mi sono trasferita in Russia. Continuare a recensire libri era diventato complicato… Li devo leggere in russo e poi recensire in italiano? Li devo leggere comunque in italiano? E come faccio a comprarli? Li leggo solo in versione digitale? In più in parallelo il mio amore per i social non faceva che aumentare e sentivo la necessità di parlare anche di altro, fino a quando ho scritto un post con un addio definitivo al mondo dei libri. Portare avanti due tematiche così differenti sul mio profilo era diventato troppo impegnativo e quindi ho deciso di dedicarmi ai social, lasciando i libri come un piacevole hobby tutto mio.

N – Ci sono molte differenze tra il modo in cui viene approcciato Instagram in Russia e in Italia? Secondo te cosa potremmo imparare noi italiani dagli utenti e dai creator russi?

G – Decisamente sì! I creator russi trattano il proprio profilo come se fosse un blog, quindi sotto ogni singola foto troverai sempre un testo molto lungo, riflessivo, come se fosse un articolo di un blog appunto. Infatti, se hai solo un profilo Instagram in Italia verrai chiamato “influencer” o “creator”, mentre in Russia “blogger”. Scrivere lunghi testi riflessivi aiuta a creare una forte community che si affezionerà grazie ai post più emotivi, personali e rimarrà interessata a lungo grazie a post più informativi e utili. Bilanciare questi due tipologie di post è ciò che gli italiani dovrebbero imparare perché troppo spesso vedo o profili freddi e completamente distaccati che non fanno altro che dare informazione secca oppure profili che non fanno altro che parlare di sé. Dopo un po’ il follower penserà “che noia” in entrambi i casi. La chiave sta nell’equilibrio tra queste due tipologie.

Conoscere l’algoritmo di Instagram

N – L’algoritmo di Instagram ultimamente fa impazzire tanti. Tu sei sempre stata pro algoritmo. Posso chiederti perché e se ti va di condividere con chi legge qualche consiglio su come “farsi piacere” dall’algoritmo di Instagram?

G – Ultimamente devo ammettere anch’io che un po’ lo sto odiando ahahah. Ma quando ci siamo registrati su Instagram, abbiamo avviato qui la nostra attività o progetto e abbiamo accettato le regole del gioco. Non puoi uscire in un campo da calcio e pretendere di usare le mani in partita. Quindi ci si rimbocca le maniche e, invece di lamentarsi di quanto l’algoritmo sia brutto e cattivo, piuttosto spendete lo stesso tempo per studiarlo!

In questo periodo la copertura da un po’ i numeri: tante persone connesse, sovraccarico di contenuti creati, utenti nuovi che si lanciano e provano a fare qualcosa… Diciamo che non è il periodo migliore per Instagram. Tuttavia lo si può sempre fare amico, l’importante è analizzare i risultati che otteniamo. Sapere che un post ha ottenuto 1000 like e 300 commenti non vuol dire nulla. In confronto con altri post com’è andato? Perché ha ottenuto questi risultati? Cosa ha scatenato determinate reazioni negli utenti? Solo facendoci le domande giuste potremmo ottenere ottimi risultati e migliorare di volta in volta.

E non c’è dubbio che un occhio esperto e distaccato come quello di Grace potrebbe aiutarci a migliorare il nostro profilo, soprattutto se abbiamo un progetto di business.

Sul nuovissimo sito di Grace the Amazing, trovate tutte le sue consulenze con tanti case studies che dimostrano quanto le domande giuste, un corretto piano editoriale e una strategia efficace possano portare i risultati sperati in modo naturale e senza mezzi disonesti.

Dal canto mio, sono molto felice di aver conosciuto meglio una persona che già mi trasmetteva belle vibrazioni!

Federica Micoli, la zia Closette più famosa del web

Intervista Federica Micoli

Sarò sincera (e quando mai non lo sono?!), il 90% delle stories di Instagram mi annoiano.

Sono davvero pochissimi i profili di cui seguo le stories e, per pochi, intendo che le dita di una mano sono già troppe.

Per questo spesso mi metto alla ricerca di feed che mi facciano cambiare idea.

Qualche mese fa, ne ho scovato uno che, probabilmente ero l’unica sul web, non conoscevo.

Sto parlando del profilo di Federica Micoli.

Federica è un vulcano di buon umore, una professionista con la P maiuscola (cosa che ti assicuro non è affatto scontata), ma soprattutto ha una qualità che per me è cruciale: sa affrontare anche argomenti importanti con leggerezza.

Tutto quello che passa da queste mie pagine virtuali, i libri e gli argomenti di cui ti parlo, i viaggi in cui ti porto con me, le esperienze che testo personalmente, hanno questo comun denominatore.

Ecco perché ho iniziato a seguire Federica e non ho più smesso (deduzione= le sue stories non mi annoiano, anzi!).

Nei mesi ho imparato a conoscerla meglio, ad apprezzarla fino a chiederle questa intervista, perché da sempre sono convinta che le esperienze di cambiamento siano una fonte inesauribile di incoraggiamento per chi vorrebbe fare quel cambiamento ma non riesce a farlo.

Qualche volta c’è bisogno di un piccolo aiutino dall’esterno, di una spintarella, perché oltre quel rimandare sempre, c’è qualcosa che fa bene alle nostre vite.

Mi auguro che questa intervista sia la vostra spintarella.

Closette Federica Micoli

Chi è Federica Micoli

Federica Micoli, più famosa sul web come zia Closette, ha un passato da export manager in un’azienda di moda.

Oggi è un’imprenditrice digitale che ha creato una splendida “truppa” di amiche sui social.

Riunite in vari team (i più famosi sono il Team Closette e il Team Suellen) si incoraggiano e si scambiano consigli protette dal suo solarissimo sorriso.

Ma, bada bene, non si tratta di superficialità. Federica ha vissuto esperienze molto forti che l’hanno cambiata e l’hanno motivata a diventare la donna che è oggi.

Insomma chiacchiere a zero. A te dedico le parole di Federica Micoli.


Intervista a Federica Micoli

N: La prima domanda la rivolgo alla Federica bambina e ti chiedo: chi è Federica Micoli? Intendo non cosa fa o qual è il lavoro di Federica, ma chi è dentro Federica, nel profondo?

F: Te lo dico con una frase che mi è stata detta da un’amica tempo fa: “Sembri una bambina che è stata morsa dalla tarantola della felicità”. Questa frase mi fece tanto ridere perché anche se è molto infantile, rappresenta in pieno il mio modo di fare, il vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, l’affrontare tutto in modo positivo e ottimista. Perciò se mi chiedi chi sono dentro, ti rispondo: una bambina perennemente in un negozio di giocattoli.

N: Non molti sanno che tu sei stata una grande viaggiatrice. Hai anche vissuto per un periodo in Giappone e in Russia. Io sono profondamente convinta che il viaggio sia una metafora della vita. Ma mi chiedevo per te, invece, cosa rappresenta il viaggio?

F: Il viaggio è una cosa che apre tanto la mente. È una valigia da riempire, ma non quando viaggi, quando arrivi. Di solito si pensa prima di partire: adesso arrivo lì e mi metterò questo, questo e questo, quindi prepari la valigia per quando arriverai sul posto. In realtà il viaggio è una valigia vuota con la quale torni piena perché è un bagaglio che ti porti dietro poi per tutta la vita.

Intervista Federica Micoli Closette Blog

N: C’è stato un evento nella tua vita che ti ha cambiato radicalmente, una situazione che ti ha fatto dire: “da qui in avanti…”.

F: Purtroppo la morte di mia mamma. È da lì che è cambiata tutta la mia vita. Lei ha aperto il blog con me e, nel momento in cui se n’è andata, io volevo veramente chiuderlo. Mi dicevo: “Basta, non ne voglio più sapere”. Però era il suo sogno e mi dispiaceva mollarlo. In più mi ha messo davanti ad una situazione particolare lavorativamente parlando, perché, in quel momento, mi sono resa conto che il mio vecchio lavoro non faceva più per me. Sono capitate una serie di cose per cui ho detto: “Ok. Questo è l’ennesimo segnale che mi sta dicendo: Federica, svegliati, è ora di cambiare la tua vita. Quella vita non fa più per te”.

Nel dolore ho capito che dovevo prendere in mano la mia vita. A volte sono queste le cose che ti fanno svegliare. Tu hai paura di fare un passo, continui a posticiparlo per paura di ferire le persone, continui a rimandarlo, a non essere sicura, poi capita qualcosa che stravolge tutto quanto ma soprattutto ti fa vedere le cose sotto un’altra prospettiva, ti fa ribaltare le priorità. Quello che pensavi fosse all’ultimo posto, in verità, passa al primo posto.

N: Chi mi segue sa che per me la coerenza è un valore imprescindibile. Scelgo sulla base di questo valore le aziende con cui collaborare e le persone che intervisto, per lo meno per quello che mi arriva a livello emozionale, visto che non vi conosco personalmente. Posso chiederti che valore ha per te la coerenza?

F: Per me è il primo valore, il più importante, la priorità in assoluto nella vita in generale, a maggior ragione nel lavoro e ulteriormente in questo tipo di lavoro. È sulla base della coerenza che ho costruito il mio lavoro, la mia credibilità prima di tutto e la mia community. Poi per carità, Freud diceva che “l’intelligenza sta anche nel cambiare idea” ma cambiare idea è una cosa, la coerenza è un’altra. Della coerenza ho fatto la mia bandiera.

N: Ci racconti tre sogni di Federica Micoli: un sogno che vorresti realizzare nel prossimo futuro, diciamo entro tre mesi, uno entro un anno e uno da qui a chissà quando?

F: A breve tornare a fare sport, riprendere in mano la mia salute.

Un sogno a medio termine è quello di scrivere un libro, un desiderio che sembrava essere sfumato. Ho pensato che forse non era ancora il suo tempo. Ma a quanto pare la vita non smette di sorprendermi e nei prossimi mesi vedrà la luce grazie alla casa editrice Sonzogno. Sarà un libro nel quale parlerò di questo mio modo di vivere la vita, di come la affronto, della mia positività nonostante tutto e tutti.

Un sogno più lungo e più difficile e che richiede tanto impegno è quello di avere un’attività tutta mia oltre al blog, un’attività nella quale lavorino tante persone. Non posso entrare nel dettaglio ma ci sto lavorando.

N: Se ti trovassi in questo momento davanti una persona che sa di dover fare un cambiamento ma che ha paura. Cosa le diresti?

F: La paura è il tuo più grande ostacolo e il tuo peggior nemico. In realtà il primo passo è quello che accorcia le distanze verso il tuo sogno. Devi essere disposta a fare quel primo, minuscolo passo.

Confessioni di un’influencer pentita di Federica Micoli

A distanza di qualche mese da questa intervista, il primo libro di Federica, È stata sfiga a prima vista, è stato pubblicato e, nel giro di poche ore dalla sua uscita, è diventato best seller di Amazon.

Ma oggi che scrivo sono trascorsi tre anni ed è appena uscito il secondo libro di Federica Micoli: Confessioni di un’influencer pentita.

L’ho letto in una domenica di giugno sul divano con la mia gattina di due mesi in braccio.

E più lo leggevo, più sentivo un nodo in pancia. Riconoscevo nelle parole di Federica un mondo che io, per fortuna, ho solo sfiorato.

Di quando mi invitavano agli eventi e, se poi a un altro invito non potevo andare perché magari mia figlia, che era piccola, aveva la febbre, non mi si invitava più.

Ho visto certi atteggiamenti nei blog-tour che frequentavo, dove c’erano i blogger di serie A e quelli delle altre serie minori… ché, come spiega bene Federica nel suo libro, le gerarchie sui social ci sono, eccome.

Ho rivissuto giochetti che ho visto accadere i primissimi anni in cui ero iscritta a Instagram: gruppi telegram, mercatino dei followers, etc. Cose che già allora mi facevano andare a letto col volta-stomaco.

Ho sofferto molto quando ho letto la parte riguardante il Festival di Venezia, a me caro per via dei miei trascorsi sui set cinematografici.

Io seguivo già Federica Micoli all’epoca e, nelle foto da Venezia, soprattutto quelle in cui veniva taggata dalle influencer con cui partecipava al festival, mi sembrava mostrasse in volto uno strano disagio.

Ovviamente mi sono detta: “Ma che ne sai tu? Sarà stata emozionata. Ti sarai fatta un film“. E poi leggendo il libro, scopro che quel disagio c’era davvero.

Beh, non voglio spoilerarti altro. Leggilo questo libro, soprattutto se lavori con i social media, perché dal di dentro dell’Olimpo delle influencer, è tutto molto più chiaro. Anche se Federica sostiene di non esserci mai arrivata a quell’Olimpo ma, secondo me, c’è sempre stata sull’Olimpo.


*i link ai libri di Federica inseriti in questo articolo sono link affiliati. Questo vuol dire che se tu li acquisti attraverso questi link, io riceverò una piccolissima percentuale da Amazon. Il blog è un progetto editoriale totalmente gratuito, senza banner pubblicitari per mia precisa volontà, per cui questo è un grande supporto che puoi dare al mio lavoro.

Andrea Petroni il travel blogger italiano

Dicono che io abbia il lanternino per scovare le anime belle.

Non so se è proprio vero perché di fregature nella vita ne ho prese anch’io naturalmente.

Questa volta, però, sono sicura di aver fatto centro, soprattutto perché non era questo l’intento delle mia ricerca.

Quando ho pensato che mi sarebbe piaciuto intervistare Andrea Petroni (secondo il Corriere della Sera tra i cinque blogger più famosi d’Italia, il primo nel travel), ho subito pensato: “Ma figurati se mi risponderà mai”, “Avrà altro a cui pensare, mille impegni, etc..”.

Poi però mi son detta: “Tentiamo e vediamo come va”, perché credo che se senti qualcosa dentro, devi seguire quel qualcosa. O almeno provarci.

E così gli ho inviato un messaggio su Instagram.

Andrea mi ha risposto quasi immediatamente e, da quel momento, mi ha dimostrato con le sue azioni e le sue parole il motivo del suo meritato successo.

È una persona professionale, puntuale, e soprattutto umile e molto, molto gentile.

Ora, si dovrebbero dare per scontate queste qualità, ma per la mia esperienza personale non lo sono affatto.

Per questo e per le parole che leggerai tra poco, sono davvero felice di avere Andrea Petroni tra le mie interviste alcontrario.

Andrea Petroni e Valentina Venanzi
Andrea e la sua compagna di vita, Valentina Venanzi, durante il loro viaggio in Olanda*

Intervista ad Andrea Petroni

N:        La prima domanda la rivolgo all’Andrea bambino, sì, sì, intendo proprio quello che è dentro di te, quello che scalpita e ha ancora tanta voglia di giocare. Cos’è che fa battere il cuore di gioia al bambino dentro di te?

A:        Io sono un tipo che si emoziona spesso e che si entusiasma anche per le piccole cose. Ho sempre la mente in movimento che sforna idee per nuovi progetti ma che purtroppo spesso accantono per mancanza di tempo. Mi fa battere il cuore di gioia vedere felici e serene le persone che amo (sono molto legato alla mia famiglia), impazzisco di felicità al pensiero di ogni nuovo viaggio, ma quello che in questo momento più mi fa battere il cuore è che se tutto andrà per il meglio tra qualche mese diventerò papà.

N:        La tua storia, come spesso hai raccontato tu stesso, non è quella di un uomo che un bel giorno si è svegliato e si è detto: “Lascio tutto, mi licenzio e viaggio”. È andata esattamente “alcontrario”. Ti sei ritrovato da un giorno all’altro senza lavoro e da lì…? Ti va di raccontarci qual è stata la molla che ti ha portato a creare vologratis.org?

A:        Il mio blog di viaggi è nato nel 2009. Era il momento in cui le compagnie aeree lanciavano offerte strepitose con addirittura voli gratis e io ero bravissimo a scovare queste offerte e ad accaparrarmi i voli più economici. I miei amici mi tartassavano di telefonate e di sms (whatsapp ancora non esisteva) e mi chiedevano di trovare loro voli a prezzi stracciati. Volevano poi sapere il nome dell’hotel in cui avevo soggiornato, i ristoranti in cui avevo mangiato, le cose che avevo visto… Un bel giorno però stanco di dover ripetere le stesse cose mi misi a cercare un modo per raggiungere tutti con un clic, e navigando sul web trovai i blog. Sembrava facile aprirne uno, bastava solo inserire un indirizzo email e scegliere un nome. Io viaggiavo veramente gratis grazie ai voli a € 0,01 che poi il circuito della carta di credito non ti faceva pagare, e fu immediato chiamarlo inizialmente vologratis.blogspot.com.

L’anno della svolta fu il 2012 quando iniziarono ad interessarsi al mio progetto radio, tv e quotidiani, e iniziarono le collaborazioni con enti del turismo e società del settore. Proprio nel 2012 ho pensato che il blog sarebbe potuto sfociare in un lavoro full time. Avevo però un buono stipendio fisso con contratto bancario a tempo indeterminato e non mi vergogno a dire che mi mancò il coraggio di mollare tutto per inseguire un sogno, oltretutto mi stavo per sposare e non potevo permettermi di fare pazzie. Ho lasciato però che la vita seguisse il suo corso e quando nel 2015 fui licenziato mi buttai a capofitto sul mio blog.

N:        Il tuo libro “Professione Travel Blogger”” ha avuto tanto successo. Credo che la motivazione risieda nel forte interesse verso la professione di Travel Blogger. Secondo te c’è ancora spazio per chi oggi voglia intraprendere questo percorso oppure credi che il mercato italiano sia ormai saturo in questo campo?

A:        C’è ancora spazio ma solo per chi ha la pazienza di lavorarci sodo per almeno un paio di anni, e per chi non la presunzione di diventare la Chiara Ferragni dei viaggi dopo solo pochi mesi dall’apertura del proprio blog. Ci vuole tanto studio, tanto lavoro e tanto sacrificio.

N:        Ti faccio una domanda un po’ scomoda: cosa c’è di diverso in Vologratis.org che l’utente non potrebbe trovare in altri, anche più famosi, siti web per il travel?

A:        VoloGratis.org non è un motore di ricerca, non esiste proprio la funzione per cercare voli o hotel. È solo un blog di viaggi in cui condivido le mie esperienze di viaggio, trucchetti per viaggiare risparmiando, qualche bella offerta e concorsi per vincere viaggi. Cosa c’è di diverso rispetto agli altri? Non saprei, a dire il vero non seguo molti blog di viaggi italiani, seguo soprattutto quelli stranieri.

N:        Tu e Valentina, tua compagna di vita e di lavoro, state per realizzare un grande sogno: diventare genitori. Immagino che le emozioni siano alle stelle! Pensi che Vologratis.org cambierà insieme alle vostre vite con l’arrivo del bambino?

A:        No, assolutamente, non cambierà affatto. Continuerò a viaggiare sia da solo che con loro, d’altronde è il mio lavoro ed essendo l’unica mia fonte di guadagno dovrò continuare a lavorare come prima, anzi, più di prima!

N:        Un’ultima domanda: oggi più che mai grazie a Instagram e Youtube possiamo condividere i nostri viaggi con persone di tutto il mondo. Questo è sicuramente l’aspetto che amo di più dei social. Basta un hashtag e posso raggiungere una persona che parla una lingua diversa dalla mia e si trova a migliaia di chilometri lontano da me. Secondo te, come evolverà la figura del travel blogger e/o del travel influencer nei prossimi anni?

A:        Ti dirò una cosa controcorrente: si tornerà a dare importanza al blog e non lo dico solo io ma i grandi guru del web. Lo sto già vivendo sulla mia pelle: il 90% delle richieste di collaborazione che ricevo sono per il blog e non per i social, blog che oramai ha superato i 400.000 lettori mensili

Moltissimi blogger stanno facendo l’errore di abbandonare il blog per concentrarsi sui social. I social oggi ci sono e domani chissà. Mi ricordo quando nel 2010 sembrava esistesse solo twitter (come succede ora con Instagram) e poi sappiamo tutti com’è andata a finire… Quello che resisterà e anzi diventerà sempre più importante sarà secondo me YouTube.

Non posso che ringraziare Andrea per aver incrociato la mia vita e, anche se non lo sa, per avermi incoraggiata a continuare in quello che faccio.

E adesso non ci resta che far tesoro dei consigli di Andrea Petroni e, per quel che mi riguarda, continuare a sbirciare le offerte e i trucchetti sul suo Vologratis.org.

*Le foto in questo articolo sono di proprietà di Andrea Petroni

0 virgola 6 sfumature di Maddalena Capra

Ci sono persone con cui senti un’affinità profonda, al di là della conoscenza fisica.

Con Maddalena è stato così, fin dal primo giorno, fin da quando, poco dopo aver aperto questo Blog, sono capitata tra le sue pagine virtuali.

Sarà che amiamo entrambe la letteratura, sarà che dai suoi tasti nascono sempre poesie, sarà che è una persona schietta, di quelle che una parolaccia, qua e là, ci sta bene.

E le persone schiette mi piacciono a prescindere.

Perché di ipocrisia in giro ce n’è anche troppa e qui, almeno qui, in questo nostro luogo al contrario, non vorrei entrasse mai.

Quando Maddalena Capra mi ha annunciato l’uscita del suo libro “0 virgola 6”, ho pensato subito: è arrivato il momento di intervistarla!

E non mi sono lasciata sfuggire questa occasione.

Il motivo? Sapevo che le sue risposte avrebbero inondato di poesia queste pagine.

O virgola 6 Maddalena Capra
«Siamo quello che diventiamo quando la vita ci dà il LA e noi eravamo in silenzio. Quando ci toglie la voce, e noi cantavamo». Maddalena Capra

Intervista a Maddalena Capra

N: Maddalena, grazie per aver accettato il mio invito tra queste interviste alcontrario. Per prima cosa, vorrei fare un gioco con te, il gioco dei “Se fosse…”. Te lo ricordi? E allora ti chiedo: se Maddalena fosse una poesia, quale poesia sarebbe? E Perché?

M: Accipicchia, parti tosta! Ce ne sono tante, mi ritraggono per aspetti diversi. Evitando quelle più pesanti (i poeti amano condensare in versi la disperazione umana…), direi L’albatro di Baudelaire. Senz’altro. Mi sento spesso fuori posto, caricata (o «catturata»?) dalla vita ordinaria, dalle navi che solcano i mari apparentemente senza intralcio, mentre io inciampo nelle mie ali, in una sensibilità e un animo ingombranti che mi fanno sentire goffa. Il confine tra qualità e difetto è così labile! Quello che più contraddistingue ognuno di noi è anche ciò che – malauguratamente – lo fa sentire diverso e inadeguato: solo.

N: Te lo ricordi quel momento in cui la scrittura è diventata parte di te? Quel momento in cui hai sentito che era la tua strada?

M: Sono due domande e, in effetti, corrispondono anche a due momenti diversi. Scrivo da che ho memoria: da bambina, avevo sette anni, una grave malattia al cuore mi costrinse in ospedale per ventisette giorni. Ricordo che alternavano il braccio per le flebo: quando capitava al destro, allora cercavo di scrivere con la sinistra. Cosa scrivevo? Poesie: le ho ancora, stanno in un quaderno con la copertina rigida di tela rossa e un riquadro con un Cappuccetto Rosso. C’è su un adesivo con scritto «6», perché quel quaderno l’avevo cominciato già a sei anni.

La prima svolta arriva otto anni più tardi: una lite coi nonni, in montagna. In balcone, da sola, mi cantai in testa una canzone di Baglioni sostituendo le sue parole con le mie: cercavo, nelle mie strofe, un’espressione al disagio. Cominciai anche a fare lunghe camminate serali in solitaria, ad apprezzare quella chiusura privata e intima che forse tutti sperimentano nell’adolescenza. Nel mio caso con me usciva sempre anche la parola, portavo ogni volta un foglio di carta ripiegato in tasca. E una penna.

La decisione di investire sulla scrittura con obiettivi «professionali» è tardiva, arriva durante la maternità: nel frattempo avevo sempre scritto, ma quaderni privati, più paranoie che narrazioni. Invece apro un blog e scopro che posso raccontare: ma raccontare in modo narrativo. Non per niente il claim del blog è «Non do consigli, non faccio informazione. Narro. Di maternità e di vita». Scrivo anche un romanzo, e così comincio a intuire cosa sia il mondo editoriale: lo intuisco nel senso che è serrato ed esigente ben oltre ogni mia ingenua previsione. Tanto da interrogarmi se sia davvero quello che voglio. Una cosa che mi infastidisce molto è che la scrittura, quando si fa pubblica, diventa la parte minore della scrittura: tutto il resto, il grosso dell’iceberg, è progettazione, prima, e promozione, poi. Chi è blogger sa cosa intendo: be’, quando si tratta di un romanzo – e tu, Noemi, lo sai – questa sproporzione cresce esponenzialmente. Come ho scritto un giorno: «Il vero rischio di investire in una passione non è la paura di non farcela. Il vero rischio è inquinare quella passione». Eppure quel sentimento di poter dare qualcosa con le mie righe, quel grande potere che ha la parola, sono un propellente che ancora mi spinge forte. Basterà? Non lo so: a volte sento di voler contribuire di più, al mondo.

N: Come ben sai, ho scelto appositamente di non leggere il tuo libro, perché volevo pormi nella stessa condizione di chi sta leggendo questa intervista. Volevo sentirmi “alla scoperta” del tuo racconto. Nella presentazione del libro, scrivi “La storia di una maternità «stretta» e poi improvvisamente sorpresa dagli eventi, una storia di scoperta, conflitto e dolore”. Allora ti chiedo, quanto c’è di te in “0 virgola 6”?

M: Tutto. Sono stata protagonista di una serie di eventi terribilmente forti e conflittuali, in una faglia temporale minuscola: come dico nella prefazione al libro «questa è una storia che non avrei mai creduto di scrivere. […] L’ho tracciata giorno per giorno, me la mettevo accanto sui sedili. Sapevo di doverlo fare». Ha la particolarità di essere scritta in tempo reale. Non sapevo cosa ne avrei fatto. Poi è stato chiaro.

N: “0 virgola 6” è un’auto-pubblicazione. Mi ricordo i sentimenti contrastanti che avevo io quando stavo per auto-pubblicare il mio Safari. Tu come hai vissuto questo momento?

M: È buffo. Per uno scrittore esordiente i punti cardine sono due: la paura di annoiare il lettore, essendo inesperto (ma questa, in fondo, è una costante di chiunque scriva), e la ricerca forsennata di un Editore, che dia fiducia al proprio talento e alla storia, ma anche credito. Perché il lettore se vede un marchio crede automaticamente che la storia sia più «valida». È la ragione per la quale, io stessa, non ho mai considerato il self-publish per un romanzo. Invece qui ha scelto la vita. Questa volta il valore e il senso del narrato sono così totali che il mondo editoriale non l’ho nemmeno preso in considerazione, avevo urgenza di trovare il calore di chi legge, inizialmente, e adesso di dare una testimonianza col mio racconto. Ora spingo per diffonderlo perché è la sola vittoria che posso, in questa storia difficile. E perché so che molte donne hanno bisogno di ascoltarla. E, paradossalmente, pur non avendo pianificato nulla nella narrazione, il commento unanime è: «L’ho letto d’un fiato, era impossibile fermarmi».

N: Quest’ultima domanda non è in realtà una domanda. Fai finta di avere un microfono aperto, di poter dire tutto quello che vuoi, senza filtri, senza pensare a chi ti sta ascoltando davvero, senza limiti o giudizi. E adesso, butta fuori…..

M: C’è sempre una parte di vanità, inutile prendersi in giro: abbiamo bisogno di essere riconosciuti. Ma è piccola. Se ami quello che fai, il motore più forte è il desiderio, come dicevo, di dare un contributo al mondo. Di «dare qualcosa». Sono brava con le parole, so di avere un potere evocativo, di emozionare e commuovere il lettore. Non lo dico con presunzione, non è nemmeno tutto merito mio: è la vita, la natura. Ognuno ha il suo talento e il suo modo di contribuire: c’è chi sforna pane, chi cura i malati, chi spazza le strade. Io scrivo.


E siccome Maddalena Capra scrive bene, eccome se scrive bene, ti consiglio di leggere il suo “0 virgola 6” “d’un fiato”, come hanno fatto già in molte/i.

Lo trovi su Amazon, cliccando qui. Buona lettura!

Qualche settimana dopo…

È passata qualche settimana da questa intervista e solo adesso comprendo come mai avessi scelto di non leggere il libro di Maddalena Capra prima di intervistarla.

A volte si fanno cose che non hanno un senso logico nella propria testa. A me ultimamente capita sempre più spesso. E ho imparato a fidarmi.

Ho cominciato a leggere “0 virgola 6” non appena messa online questa intervista. Ma mi sono fermata quasi subito. Sì, non sono una di quelle lettrici che lo ha letto “tutta d’un fiato”. Vuoi sapere il perché?

Quando ho capito di cosa il libro parlasse, ho sentito che dovevo avere rispetto, un rispetto che si tramutasse nella scelta di momenti dedicati a questa lettura.

Non volevo leggerlo trafelata, tra la consegna di un lavoro e la preparazione del pranzo per mia figlia. Volevo che avesse tutta la mia attenzione.

Oggi ovviamente non farò spoiler sull’argomento, non metterò l’accento nemmeno sul fatto che mi abbia commossa profondamente (che forse potrà sembrarti scontato).

Ti dirò soltanto che, indipendentemente dalle proprie esperienze di vita, 0 virgola 6 di Maddalena Capra è un libro che va assaporato nelle mille emozioni di cui siamo contenitori.

Con il sorriso, con l’ansia, con la fragilità, con la serenità, con il dolore.

Di nuovo, buona lettura!