Dedicato a chi si prende cura di altri

Questo post è dedicato a te che ti prendi cura di…

A te che la prima domanda che ti fanno è: «Come sta lei (o lui)?», non «Come stai tu?».

A te che non conta se passi le notti in bianco perché conta solo la “sua” insonnia.

A te che ti ammali perché somatizzi ma non hai soldi per curarti perché i soldi servono per le “sue” cure.

A te che passi i giorni ad informarti, a capire, ad alleviare i “suoi” dolori.

Questo post è dedicato a te, l’altra persona, quella che sta a fianco, sostiene, guida, fa le file dal medico, prepara da mangiare, incastra gli appuntamenti.

Sì, perché è normale, è umano pregare e avere sentimenti di vicinanza per chi sta dichiaratamente male, per chi sta invecchiando, per chi si è rotto una gamba, per chi è depresso. Ma in pochi hanno lo stesso atteggiamento per chi sta accanto a chi è malato, per chi se ne prende cura.

Per chi si prende cura

Oggi voglio dire a te:

Un tramonto dedicato a chi si prende cura degli altri

Sei una grande!

Non sei poverina, non sei sfigata.

Sei una fo**utissima empatica.

Scusa se uso toni forti, ma ci tengo davvero a raccontarti perché devi valorizzarti per essere tu e non un’altra, quella che sta a fianco.

Aiutiamoci con l’origine delle parole.

Partiamo dalla parola empatia e vediamo cos’è esattamente.

Empatico è chi riesce a mettersi nei panni dell’altro sentendolo.

En-pathos, infatti, in greco significa “sentire dentro”.

Tu, mia cara persona empatica, riesci a sentire le emozioni dell’altro, le fai tue, le comprendi meglio di chiunque altro. Percepisci i suoi pensieri e le sue emozioni, appunto, con “pathos”.

Mica da tutti, no?

Altra parolina chiave è…

Compassione

Attenzione! Non nel senso cui siamo abituati nel nostro vecchio e colto occidente.

Mi piace in questo caso raccontarti cos’è la compassione nel Buddismo.

Jihi, la parolina giapponese che esprime la compassione, viene tradotta come “togliere sofferenza e dare felicità”.

Alleviare il dolore e dare gioia. Non è un avere o sentire pietà.

Non contempla il giudizio. È piuttosto un “partecipo” della tua sofferenza, la faccio mia e, insieme, facciamo un percorso “momentaneo”.

Perché non è per sempre, nella vita tutto è in continuo divenire, cambia, si muove. Anche la malattia, anche le sfighe pazzesche, persino l’acne.

E durante questo percorso momentaneo facciamo un’esperienza comune, non individuale.

Ché finito questo pezzo di strada insieme, avremo fatto un saltino in avanti nella nostra vita di esseri umani. Ci saremo evoluti, tu e io.

E grazie a questa evoluzione andremo verso una nuova esperienza, insieme o con qualcun altro. E quell’empatia, quella compassione potremmo usarle per cose diverse, anche più leggere e frivole, certo.

Ché non siamo nate per soffrire, per sacrificarci, per punirci.

Siamo nate per essere felici, per sfruttare questa vita dall’inizio alla fine e pure oltre.

Siamo nate per godere di questa terra e di queste emozioni, tutte, quelle allegre, spensierate, quelle ostili, turbolenti, tutte. Siamo nate per trasformare ogni esperienza in un’occasione di crescita.

E adesso lo vedi il tuo valore? Ti accorgi di quanto sia immenso?

2 risposte a “Dedicato a chi si prende cura di altri”

  1. Grazie a te per aver colto certi aspetti. Secondo me è fondamentale avere cura di chi sta dietro le quinte. Per loro/noi non c’è molta attenzione, tocca a noi darcela da sole/i 🙂

  2. L’ho intuito dalla newsletter che c’era un grip fantastico in questo pezzo. E forse ‘fantastico’ è proprio la parola giusta, perché è un po’ oltre la realtà riuscire a guardare chi è in secondo piano, chi, in questo caso, accudisce. Sulla parola com-passione (patire con) mi rammarico che il gergo comune ne abbia travisato il senso squisito. La compassione è una grande virtù. Grazie per questo post decisamente ‘al contrario’ 🙂

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