Bucket list, l’arte di non rimandare

I giorni trascorrono veloci, frenetici.

Soprattutto in questo periodo, alla ricerca spasmodica del regalo giusto, all’impacchettamento dell’ultimo secondo.

Pensa al menu della vigilia che anche quest’anno ti sei ridotta agli ultimi giorni, il regalo per il marito è fatto, la bimba aspetta Babbo Natale.

Una telefonata all’amica che è sola, magari si organizza qualcosa insieme.

Un lavoro di sabato e domenica che forse è meglio, così Lui tiene la prole e io non mi devo scapicollare per prenderla a scuola.

Corri, corri, non pensare, hai troppo da fare.

E poi stop!

Il potere di una storia

Una storia bisbigliata alle orecchie spariglia tutto.

E accade che quella storia ti entri nelle vene, che non fai altro che pensarci.

E non sai neanche il perché.

Di storie simili ne hai sentite tante, ma questa, beh, questa ti fa sentire un buco dentro.

E ti ritrovi a letto a piangere per quella storia, perché tocca qualcosa.

Una corda speciale.

Si allinea con la strada che stai facendo in quel preciso istante di vita.

Ti sembra che il protagonista di quella storia sia un amico d’infanzia, ti sembra di averci parlato per ore e ore, di aver condiviso lotte reciproche.

The bucket list: la storia di Manuel

Ti racconto di Manuel

Manuel, 34 anni, era uno dei nostri cervelli in fuga ma aveva voglia di tornare in Italia.

Gli mancava la famiglia, voleva veder crescere i suoi nipoti, voleva innamorarsi, sposarsi e avere dei figli, sebbene il nostro paese ancora non glielo avrebbe permesso.

Era laureato, Manuel, conosceva cinque lingue, aveva un lavoro ben pagato ma non gli piaceva più.

Lui amava scrivere poesie ed era bravo, Manuel.

Ne aveva appena pubblicate alcune e non stava nella pelle per quanto ne era felice.

Aveva programmato tutto. Dimissioni a Gennaio e in primavera il rientro a casa.

Manuel se n’è andato a febbraio.

Che brutti scherzi fa il destino qualche volta!

Things happen. Le cose accadono.

Ci diciamo: “Domani faremo, l’anno prossimo forse, se va bene, se riesco a mettere da parte i soldi, quando i bambini saranno cresciuti, quando mio marito avrà più tempo, quando, quando…” e l’unica cosa certa è che rimandiamo.

The bucket list: ora o mai più

Io credo che tutti noi nasciamo con una missione, ognuno ha la sua, unica e speciale.

Manuel, per vie traverse, è arrivato nella mia vita e, con la sua allegria, con la sua voglia di vivere e di lottare per i valori in cui credeva, mi ha ricordato che il momento è adesso, non domani, non tra un mese, non tra un anno.

Nessuno di noi possiede la sfera di cristallo, non possiamo sapere nulla del nostro futuro ma possiamo decidere cosa fare qui e ora.

Quest’anno invece di scrivere i nuovi propositi, prova a chiederti:

se questi fossero gli ultimi 12 mesi della mia vita, cosa non rimanderei più?

Non pensare alla famiglia, al lavoro, ai soldi, alle paure ancestrali: a cosa non rinunceresti più?

Ti lascio con questo estratto di una sua intervista:

Siamo abituati a pensare che il nostro cuore batte perché è suo dovere. Ma tralasciamo di capire che lui batte perché noi siamo presenti con lui. Niente é dovuto. Boom Boom!… quel giorno il mio mi ha ricordato la vita”.

Un grazie infinito a Daniela per avermi concesso i suoi racconti e soprattutto le sue emozioni, dolore compreso!

Perchè Babbo Natale non passa dall’Africa?

Sono ormai tre Natali che mi tocca rispondere a questa domanda.

E dopo essermi arrampicata su ogni specchio possibile con risposte improbabili del tipo:

“Forse fa troppo caldo per le renne!”(Embè? Dammene te una più credibile), ho finito per raccontare alla mia bimba color cioccolato al latte, che nemmeno da casa mia passava Babbo Natale.

Che poi non stavo nemmeno in Africa ma nella nostra bella Italia cattolica.

Soltanto che i miei genitori avevano optato per un altro tipo di religiosità e, pur rispettando tutte le forme spirituali esistenti al mondo (porca zozza, ma perché ci devono andare di mezzo sempre i bambini?), questo comportava per me e mio fratello non solo la triste notizia che Babbo Natale non esisteva e che quindi non sarebbe passato da casa nostra il 25 Dicembre, ma anche non festeggiare onomastici, compleanni e tutte quelle occasioni che per i più piccoli hanno un unico significato: regali.

Infanzia de merda, I know, I know!

Per fortuna sono tutta intera qui a raccontartela scavallando l’ombra della depressione e del suicidio adolescenziale (Pfiuuu!).

Il mio albero di Natale

Io credo a Babbo Natale

Le ho detto però che io a Babbo Natale ci credo e che da quando avevo 12 anni, gliela scrivo la letterina.

Non importa se risponde o no, non importa se qualche volta i regali li porta oppure no.

A me piace avere questa corrispondenza e credere che lui legga la mia lettera scritta rigorosamente a mano e in italiano.

Sarà per questo che non capisce bene che regali voglio?!?!

Ahimè, a quel punto non ho potuto eludere la domanda: “E quella di quest’anno?”.

Naturalmente mammanonhomailtempopernullafiguratiperme non l’aveva ancora preparata e così, sotto sua stretta supervisione, ho aperto il fedele moleskine e ho iniziato a scrivere.

Babbo Natale sotto il mio albero

La mia letterina di Natale

Buon Natale, Babbo, come va la dieta?

Ricordati che anche quest’anno il costume é lo stesso e tocca che tu ci rientri.

E gli elfi? Un restyling, no, eh?

Va bene, va bene, non critico più. Abbi pazienza, è deformazione professionale.

Veniamo al dunque. Che vorrei per questo Natale?

A dire il vero quest’anno non ci ho ancora pensato.

Ah, sì, prima di tutto vorrei avere delle belle notizie, visto che ultimamente non se ne sentono molte.

Sapere che quell’amico ha realizzato il sogno della sua vita, che la mamma della mia amica sta meglio, che i miei genitori sono sereni.

Vorrei andare in giro per la mia città, che è strepitosamente bella, senza l’ansia di un mega-botto da un momento all’altro, e non parlo dei petardi dei ragazzini per strada.

Vorrei capire che direzione finalmente prendere nella mia vita, ché sono sempre così incasinata, una sognatrice alla ricerca continua di qualcosa.

Vorrei accettare che sto diventando grande senza gridare allo scandalo rughe forever.

Vorrei che Safari arrivasse nelle mani delle donne e degli uomini che sono pronti ad andare in una direzione nuova e, forse per un po’ di paura, non riescono ancora a farlo; nelle mani di chi pensa che non ci sia soluzione alla loro quotidianità per dirgli che invece la soluzione c’è, che magari non è quella che ci hanno propinato gli altri ma che, dentro di noi, quella soluzione esiste già, dobbiamo solo tirarla fuori (io per prima).

E poi, sai cosa vorrei?

Che andassi nelle case di quei genitori, proprio quelli che hanno detto ai loro figli che tu non esisti e gli riempissi la casa di pacchi e pacchetti, così gli facciamo un bello scherzetto.

Sarebbe divertente!

Credimi, i bimbi in quelle case non stanno aspettando altro.

Caro Babbo, Buon Natale.

Non prendere troppo freddo su quella slitta e, quando passi sopra l’Empire, pensami un pochino che lo sai che io vorrei essere lì con te.

Chissà che bella vista da lassù!

Adesso ti saluto, la minestra è quasi pronta e devo prepararmi al momento in cui quell’esserino che amo tanto, inizierà una lamentela senza fine perché avrebbe preferito le cotolette.

Ah, un’ultima cosa, Babbo.

Se poi proprio vuoi portarmi una cosetta materiale, che non ne puoi fare a meno, vero? Un paio di desideri ce la li avrei, due cosucce da niente, ma adesso è tardi, devo proprio andare. Te li scrivo dopo.

Buon Natale, Babbo, ci vediamo il 25, come tutti gli anni.

Quest’anno me lo fai un favore? La chiudi la finestra quando vai via ché mi lasci sempre la camera da letto gelata?

Ti voglio bene, Babbo. Non dimenticarlo mai”.


E tu ci credi a Babbo Natale? E cosa desideri per quest’anno?

Se ti va, raccontamelo in un commento. Grazie!

Francesco Grandis: un uomo sulla strada giusta

immagine libro Francesco Grandis

La prima volta che mi sono imbattuta in Francesco Wil Grandis,  il mio libro era finito già da un po’ e mi stavo chiedendo cosa farne.

Surfa di qua, surfa di là, mi ritrovo tra le pagine degli eventi di Together.

Mmm” – ho pensato – “Questa storia sembra interessante“.

Ho passato le successive due ore sul blog di Wil e, a ogni articolo, continuavo a esclamare “Ma guarda che coincidenza”, “Nooooo, incredibile!”.

Come non andare a conoscerlo alle presentazioni romane del suo libro “Sulla strada giusta” (all’epoca 5000 copie vendute senza uno straccio di editore)?

Ho ascoltato la sua storia dal vivo, ho comprato e regalato il suo libro e ho continuato a dire: “Certe volte il caso fa proprio strani scherzi”.

La storia di Francesco Grandis

Francesco, un bel giorno del 2009 si ritrova in macchina a piangere, una disperazione che viene da un modo di vivere che non riconosce più come suo.

Laureato in ingegneria elettronica, lavora nel campo della robotica ma… non è felice.

Quella sofferenza lo porta a licenziarsi contro il parere di tutti e a fare un viaggio in giro per il mondo, a contatto con la natura, alla ricerca della sua personale strada per la felicità.

Incredibile” – mi dico – “il punto di partenza di Lisa in Safari è lo stesso“.

Certo, quella di Francesco è una storia vera, la mia un racconto ma nascono entrambe dalla stessa disperazione. Quella di sentirsi in gabbia in una realtà che non ti appartiene più.

Ho realizzato che non ero l’unica a pensare che quel che ci hanno insegnato fin da piccoli (tipo: studia, lavora, sposati, fai figli) non è esattamente la ricetta perfetta per la felicità, o almeno non per tutte/i.

Il gruppo Facebook di Francesco Grandis

Francesco fece un’altra azione “balorda”!

Creò un gruppo Facebook dove riunì certa “strana gente”, lettori del suo libro che, pensa che roba folle, si confrontano tutti i giorni sulle loro trasformazioni personali, si incoraggiano a vicenda e, posso dire per mia esperienza personale, finalmente non si sentono più sole/i e matte/i, soprattutto quando fanno azioni che per molti altri sono al limite dell’assurdo.

Di questo a Francesco Grandis voglio dire pubblicamente: Grazie!

A lui piace incontrare la gente in posti semplici, magari in un bar in compagnia di una buona birra e di quella “strana” gente e, quando ho preparato questa intervista, me la sono immaginata proprio così. Un gruppo di amici, in un pub a passare una serata piacevole, poi pian piano alcuni vanno via e si rimane in pochi, abbastanza sobri per chiacchierare di cose un po’ più profonde… o almeno credo.

Sulla strada giusta di Francesco Grandis

Intervista a Francesco Grandis

N: Certo che hai messo su un bel casino. 5000 persone che hanno scelto di acquistare e leggere il tuo libro? Te lo saresti mai immaginato quando la tua avventura è cominciata?

F: No. Ho aperto il blog Wandering Wil nell’autunno del 2013 senza un vero progetto. Non avevo idea di cosa sarebbe stato di me nell’immediato futuro, sapevo solo che per proseguire dovevo mettermi al centro di un vortice di energie, persone, idee. Il blog, per me, sarebbe stato il mio pentolone magico che avrebbe fatto “accadere cose”. Quando un giorno decisi che era arrivato il momento di scrivere la mia storia, qualcuno commentò: “Era ora, cosa aspettavi?”. Mi resi conto di aver avuto i lettori prima ancora di aver immaginato il libro. A quel punto ho fatto tutto quello che era in mio potere per non deluderli. So di essere arrivato al giorno della pubblicazione pensando “Non avrei potuto dare più di così”. Era un pensiero rassicurante, non avrei avuto rimorsi se le cose fossero andate male. Ma le cose non sono andate male: nemmeno otto mesi dopo ho festeggiato le 5000 copie vendute. Per un esordiente autoprodotto in Italia sono numeri immensi.

N: Ma dentro di te, quando sei solo con te stesso, ci credi davvero in un cambiamento reale, concreto della nostra società?

F: Se devo essere sincero, sono un po’ pessimista. I poteri che lavorano giorno e notte alla distruzione del nostro pianeta e a mantenere le ingiustizie sono molto forti e molto esperti, ma anche nel suo piccolo l’uomo tende troppo spesso a essere egoista e ottuso. Mi viene il nervoso se penso a quanto l’umanità potrebbe essere più avanzata se avessimo speso meglio le nostre risorse e la nostra intelligenza, se sapessimo cooperare e vedere al di là del nostro naso. Cosa può fare una persona come me per cambiare questo stato di cose? O anche mille persone come me? Possiamo iniziare a diffondere una consapevolezza di tipo diverso, cercare di svegliare le coscienze. Dicono che anche la goccia rompe la pietra se ha abbastanza tempo, ma noi abbiamo abbastanza tempo? Spesso penso di no. Questo, però, non è un motivo sufficiente per non provarci lo stesso, non credi? Potrei sempre sbagliarmi, ed è quello che spero.

N: Nolente o volente, sei diventato un punto di riferimento per un bel po’ di gente. Come te la vivi questa cosa? Ti senti addosso la responsabilità?

F: All’inizio la sentivo di più. Prendevo a cuore ogni singola persona che mi scriveva per raccontarmi i suoi problemi e per chiedermi un’opinione o un consiglio. Ora sono più distaccato. Credo sia una reazione normale all’aumento di interesse che è stato rivolto verso di me. Arrivato a un certo punto non ero più in grado di partecipare alla storia di tutti, erano troppi, anche volendo non ne avrei avuto il tempo o le energie. In fondo non mi sono mai presentato al pubblico come guru o coach: io racconto solo la mia storia e condivido le mie riflessioni, ma lascio all’intelligenza delle persone trovare quel che c’è di buono, se c’è, e farlo proprio.

N: E domani? Cosa stai progettando per il futuro?

F: Seguirò due progetti allo stesso tempo. Da una parte lavorerò ancora sul blog e sul libro, in particolare traducendoli e aprendoli al mondo di lingua inglese. Dall’altra inizierò qualcosa di nuovo: al momento sto preparando due piccole “guide”, una editoriale e l’altra più filosofica, poi spero di iniziare –finalmente!- quella che sarebbe la mia vera passione: scrivere romanzi. Sul fronte familiare intanto stiamo valutando anche un’esperienza all’estero. Insomma, un po’ di movimento. A stare fermi non si va da nessuna parte, no?