Non so come inserirti nel data base

“Mi piace tanto il tuo blog e come scrivi… e poi che belle le tue foto su Instagram! Però abbi pazienza, non so come inserirti nel data base. Cosa sei? Mamma-blogger, Lifestyle, Travel… ?”

Eh, già! Quella necessità di doverci inquadrare, incasellare, infilare in un data base.

Di dover rispondere alla domanda “Cosa sei?” con una definizione che risponderebbe più alla domanda “Che fai?”.

Non sono una da data base
Fashion-blogger?

Una Multipotential in un data base?

Per quelle/i come me, multipotential fin nel midollo, con mille interessi tra le mani, non c’è casella.

Non importa se lavori bene, se ti appassioni a ogni progetto come se fosse l’ultimo della tua vita.

Non importa se studi, ti dai da fare, se lavori su un post ore e ore. Non importa se quello che crei è buono e professionale.

Importa più se sei “inquadrabile”, se sei “definibile” o meglio “definito”. È più semplice del resto.

Più semplice per chi?

Siamo tutte diverse

Ragusa Ibla resort
Travel-blogger?

Sarò un’idealista ma a me piace pensare che là fuori siamo tutte/i diverse/i.

Che non siamo robot, macchine tutte uguali programmate con un unico interesse.

Siamo esseri umani pensanti, emotivi, multi-tasking.

Esseri umani che vivono le loro vite nelle mille sfaccettature di cui è fatta la vita stessa.

Mi piace pensare che questo sia un blog ispirazionale* e l’ispirazione può arrivare non solo da una persona, solo da una storia, solo da un viaggio, o anche solo da un buon vino, o solo da uno stile di vita healthy.

Mi piace pensare che là fuori, ci siano persone che vivono la vita a 360°, che tentano di usare tutta la potenzialità del nostro essere (mente e corpo), non solo una piccola parte.

Mi piace pensare che la curiosità la faccia da padrona, che chi si infila tra le mie pagine virtuali faccia parte di questa “categoria” di persone, i non-inquadrabili.

Anzi no, il mio obiettivo grande è che in queste pagine possano trovare un luogo ideale sia gli inquadrabili sia i non-inquadrabili. Perché io amo l’interezza, l’unicità.

Super foods
Food-blogger?

Io amo la gente al di là dei Data Base

È questo che faccio in questo blog e sui miei social: racconto storie, intervisto persone che hanno viaggiato, che hanno creato un’impresa dal nulla, che hanno vinto una malattia.

Racconto di persone che, cambiando dentro, hanno cambiato tanto fuori.

E queste persone le trovo dal fruttivendolo sotto casa, qui a Roma, come in ogni altro paese del mondo. Non c’è stato luogo o continente dove non abbia trovato qualcuno che abbia realizzato o stia realizzando questo cambiamento.

In questo credo e in questo voglio continuare a credere.

Sono forse un’illusa? Pazienza (questa volta me lo dico io).

Preferisco restare fedele a me stessa.

Preferisco restare fedele a tutte queste persone incredibili che hanno arricchito la mia vita.

E a te che non riesci a inquadrarmi, a inquadrarci nel tuo data base, rispondo:

– “Allora mettimi in tutte quelle caselle. In fondo che male c’è?” -.

Ché il mondo è bello perché è vario e, sì, forse è una frase fatta ma qui ci sta tutta.

*so che non è un termine corretto in italiano ma rende l’idea.

Lifestyle data base
Life-Style Blogger?

E se poi anche tu sei un’incasellabile, una persona che di farsi infilare in un data base non ne vuole proprio sapere, ti lascio qui di seguito alcuni link in cui puoi approfondire chi sono e come lavoro:

Sul lavoro mi occupo di Crescita Personale e Business etico. Ecco le pagine in cui puoi approfondire:

Siciliani atipici: chi saranno mai?

Ci risiamo!

Ci hanno detto e ripetuto fino alla nausea che siamo strane/i, qualche volta “particolari” (che poi non sai mai se “particolare” sia un complimento o un modo gentile per additare la tua “alcontrarietà”).

Insomma lo so che noi, animealcontrario, non siamo facili da catalogare, ma questa ancora mi mancava.

«Sei proprio una siciliana atipica!», mi è stato sentenziato questo weekend. I motivi?

  1. Odio stare come le lucertole ad arrostirmi sotto il sole per 4 ore.
  2. Non amo fare il bagno nelle piscine piene di cloro e di italiani schiamazzanti.

Per questi due dettagli sono stata definita “atipica”.

Il termine mi è risuonato nella testa per un po’, finché mi sono ricordata di certi personaggi, siciliani creativi, siciliani famosi nel mondo, siciliani illustri insomma, strani, per carità, ma decisamente siciliani.

E mi sono detta:

San Giovanni alle Catacombe Siracusa
La chiesa a cielo aperto di San Giovanni alle Catacombe

“Ma sarà che non sono poi una sicula così atipica?”

C’era un certo Ettore Majorana, illustre fisico, di cui non si può certo dire fosse un festaiolo. Suvvia!

Se ne stava spesso in casa, non amava ricevere visite e, se qualcuno gli scriveva una lettera, rispondeva “si respinge per morte del destinatario”. Non dirmi che dopo questa, non ti è simpatico. A me tantissimo.

C’era anche un certo scrittore, tal Pirandello.

Un insonne, uno che da ragazzino faceva fatica a comunicare con i “grandi”.

Questo siciliano che parla dell’umorismo come del “sentimento del contrario” (ti ricorda qualcosa?!), era un fine conoscitore della psiche umana e sosteneva che la follia era l’unico modo per riappropriarsi della nostra identità.

Pensa te, questo signore ha vinto anche un Nobel. Che strano, eh?!

Velieri Siciliani
Un tramonto siracusano

Altri siciliani atipici

Tra tali “atipici” siciliani c’era anche un Sig. Bellini, dalla cui penna nacque La Casta diva.

Di lui si racconta che fosse un vero campione di gaffes, perché pur non conoscendo bene le lingue straniere, francesizzava i vocaboli italiani e siciliani, creando situazioni tra il panico e la risata folle.

Come avrei voluto essere in quei salotti!

Uh, non dimentichiamo il verista, Mr Giovanni Verga che, di nascosto, negli anni in cui la fotografia era mal vista dalla letteratura, se ne andava in giro a fotografare volti scavati, rugosi, testimoni di dure condizioni di vita. Che mito!

Lasciami concludere con un atipicissimo siciliano.

Di lui si dice fosse un introverso, un rude, un uomo generoso che non era abituato a gesti affettuosi, un passeggiatore silenzioso.

Peccato che tanta atipicità abbia cambiato radicalmente il volto della mia terra, e in meglio, mio caro Giovanni (Falcone)!

Arenella Siracusa articolo siciliani atipici
La vista del mare dove faccio il bagno da quando ero una bambina

Che dire dei siciliani atipici?

Sì, probabilmente è vero, sono e resterò una siciliana atipica.

Una di quelle che butta l’asciugamano sullo scoglio, si tuffa nel suo mare trasparente, risale, riprende l’asciugamano e se ne va.

Una di quelle che trova tracce della sua terra nel bisogno viscerale di scoprire paesi nuovi al di là dell’oceano.

Sono una di quelle che, anche se hanno le scarpe inadatte e un vestito carino, prendono la macchina fotografica e imboccano il sentiero sterrato in nome soltanto di una forte curiosità.

E quando mi ritrovo sola, in mezzo al bosco, con gli uccellini e le lucertole che mi accompagnano lungo il tragitto, mi rendo conto che sono assolutamente fortunata a essere nata atipica.

E poi, a quanto pare, mie care donnealcontrario e uomini alcontrario, siamo in ottima compagnia!

Tu che ne dici? Sei atipica/o come me? E in cosa?

Sono curiosa di sapere quanta eterogeneità c’è al di là di questo schermo.

Ciottoli e sandali
Pronta per perlustrare la zona 😉

Liberi di credere di Mariantonietta Nania

Era da tempo che volevo scrivere un post sul mondo arabo, un post naturalmente “alcontrario”.

E mi è venuto in aiuto un libro: Liberi di credere.

Non perché voglia necessariamente essere al contrario in tutto ma perché, nel modo in cui i media negli ultimi anni ci raccontano l’Islam, sento una strana interferenza, una di quelle vibrazioni negative che mi spinge a cercare risposte altrove.

Poi accade che nei meandri del web incroci una donna con cui senti subito affinità.

Questa donna, Mariantonietta Nania, ha scritto un libro, una storia che è il racconto di un grande amore tra due persone e nella quale io ho letto prevalentemente il racconto dell’amore infinito per i luoghi in cui la storia è ambientata, per la gente che li popola, per gli odori, per i colori di quei luoghi.

Liberi di credere di Mariantonietta Nania

Ho acquistato subito il suo libro “Liberi di credere”.

Mi sono immersa in quei luoghi e ho lasciato che tutte le informazioni ricevute fino ad allora dall’esterno scomparissero, perlomeno finché stavo tra quelle pagine.

Così e solo così ho trovato le risposte che cercavo.

Ed è a questo punto che ho capito che non potevo essere io a raccontarti di questo mondo a me sconosciuto.

Ho chiesto a Mariantonietta Nania di farlo per me e per te che stai leggendo.

Perciò adesso ti lascio alle sue parole e al mondo magico in cui sarai catapultata/o.

Mariantonietta Nania
Mariantonietta Nania

Mariantonietta Nania

“Sono felice ogni volta che posso parlare di Egitto perché ho la sensazione che le mie parole siano in grado di evocarlo e di renderlo reale per come l’ho conosciuto e amato.

Purtroppo recentemente se ne sente parlare spesso, come di un paese in balia del suo destino, da evitare, da condannare, un mostro. Il mondo arabo islamico incute timore.

E io, che l’Egitto lo amo, soffro.

Ci arrivai una ventina di anni fa con una borsa di studio offerta dal Governo egiziano tramite il Ministero degli Affari Esteri. Dopo la laurea in pedagogia a indirizzo psicosociologico richiesi e ottenni la borsa per portare avanti la ricerca del dipartimento di Psicologia Sociale sulle fiabe. Più precisamente sul parallelo tra le fiabe arabe e quelle europee.

Appena misi piede a terra, dopo il volo, capii che nella fiaba ci stavo entrando io. Nonostante lo smog, nonostante il traffico, nonostante l’abisso che c’era tra la cittadina da cui arrivavo (tra Umbria e Toscana, in una verdissima valle circondata da verdissime colline) e il dorato deserto che tutto avvolgeva.

Il Cairo: una bolgia

Traffico disordinato, rumorosissimo a ogni ora del giorno e della notte. Milioni di abitanti ammassati e mal distribuiti tra palazzi lussuosissimi, e polverose aiuole spartitraffico. Limousine e macchinoni con autista a fianco di carretti trainati da asinelli. Asfalti quasi liquefatti dal sole e strade sterrate tra i grattacieli, percorse da greggi di pecore. La monumentale Città dei Morti, popolata dai vivi come un qualsiasi pullulante quartiere, la montagna di spazzatura su cui vivono e creano gli zabbali. Le moschee dagli altissimi minareti, i clacson feroci, le migliaia di voci, il moezin che chiama alla preghiera. Quante contraddizioni in questa città, quanti campioni della nostra variegata umanità. Ci vuole un po’ prima di adattarsi ai ritmi degli egiziani. Ritmi lenti, lentissimi, nonostante il caos frenetico, e incerti. I negozi, gli uffici pubblici, non hanno un orario fisso di apertura e chiusura. Gli appuntamenti non hanno valore, non sono impegni, nemmeno se sono di lavoro. I tempi degli spostamenti in città non sono calcolabili né prevedibili. L’intero cosmo ruota e scorre intorno all’eternità che trasudano le piramidi di Giza, lentamente, schiamazzando ma senza la fretta che attanaglia noi. La metropoli si espande, morde il deserto che la circonda, colora il cielo delle sue luci arancio e viola e la notte non arriva mai. I coffe shop profumano di tabacco alla mela e il lieve fumo bianco dei narghilè rende l’atmosfera fatua, mentre il Nilo scorre lento e scuro sotto enormi ponti lambendo le case-barca, i battelli e le feluche”.

Mariantonietta Nania duna
Foto di Mariantonietta alle sue dune

Mai così libera

Non mi sono mai sentita così libera come al Cairo. Libera di uscire diretta in un posto e di non arrivarci mai, catturata da mille altre strade sconosciute e piene di colore; libera di vestirmi senza abbinare colori e accessori, libera dalle mode, libera di fare rumore, di vivere con pochi spiccioli in tasca, libera di sorridere a donne e bambini pur senza parlare la loro lingua, di bere tè con loro per strada, libera di professare la mia Fede (cristiana cattolica) e sentire la complicità di chi con coerenza professava la propria, quella islamica. Mi sono sentita libera di uscire a qualsiasi ora, anche di notte, sapendo che ovunque avrei trovato un taxi pronto a portarmi dove volevo e persone gentili, ospitali e accoglienti che hanno sempre fatto di tutto per offrirmi il meglio che il loro paese possiede.

Sì, amo l’Egitto, e non lo amo perché è perfetto o senza difetti, no, l’amore non funziona così. L’Egitto di difetti ne ha tanti perché non è solo dorato deserto, piramidi, oasi e acque cristalline: è fatto di persone, e le persone sono imperfette, come siamo noi, che ci sentiamo spesso superiori e migliori degli altri. Siamo solo diversi. Noi (e per “noi” intendo quelle come me e Noemi) amiamo viaggiare perché per camminare sulle strade del mondo non si può stare sul piedistallo, si deve scendere e alzare la polvere. Solo così si impara che le differenze ci arricchiscono e che la varietà ci fa crescere”.

Viaggiare con la fantasia

E quando non possono viaggiare con le gambe, quelle come noi, viaggiano con la fantasia, tengono vivi i ricordi e combattono la nostalgia impastando parole e sentimenti. Dai miei impasti è nato “Liberi di credere. Storia di acqua e deserto”, un romanzo che ha dato nuova vita all’amore per l’Egitto e per me stessa e ha addolcito la nostalgia perché mi ha permesso di condividerla. Quelle come noi scrivono per condividere e sono felice che Noemi mi abbia dato la possibilità di farlo in questo spazio. Grazie a chi, giunto a questo punto, avrà sulle labbra un sorriso e negli occhi un’impalpabile duna addormentata sotto la luna.

Mariantonietta Nania”


Se sei un po’ come noi che “amiamo scendere per strada e alzare la polvere”, che amiamo viaggiare con le nostre imperfezioni, se ami l’Egitto e i suoi profumi di mela e narghilè, ti consiglio vivamente di leggere il suo libro.

Roma… per me

Quando vivi a lungo in un luogo, in una grande città ancora di più, tendi ad abituartici: abituarti alle strade, ai monumenti, al dialetto, persino al vento, al polline di quella città.

Con Roma non è così, non può accadere, perlomeno non è successo a me.

Sono arrivata qui in un momento in cui volevo cambiare la mia vita.

Ero stanca di Milano sebbene l’avessi amata molto e fossi grata per tutto quello che la nostra città più europea mi avesse dato.

Ma ero stanca, ero stanca di quella pioggia fine e costante, ero stanca di quel senso di non-appartenenza, mi mancava la luce ed ero soprattutto pronta ad un altro capitolo della mia vita.

Come ci sono arrivata

A Roma sono approdata carica di sogni e di aspettative, per lo più disattese.

Non ho trovato quello che desideravo, ho trovato una città che di capitale aveva ben poco, una città profondamente del Sud, disorganizzata, protagonista di scioperi continui, con le sue buche leggendarie (e decisamente reali), con gli uffici comunali intasati, lenti, disarmanti, esattamente come i mezzi di trasporto.

E il mondo del lavoro?

Vecchio, legato ancora al sistema delle “conoscenze”, dell’ “entrare nel giro”. Dovevi esserci nel locale X all’ora dell’aperitivo, a pranzo invece in quell’altro posticino, poi dopo non dimenticare di chiamare quel tizio, sì, che magari “te da ‘na mano”.

Insomma io dovevo lavorare ma così finivo per dilaniare i miei esigui risparmi in aperitivi e cene di beneficienza.

Ohi, Roma mia, mi ero dimenticata di tutto questo nei miei dieci anni milanesi, dove non è tutto perfetto ma, se lavori sodo, le cose le ottieni.

Adesso probabilmente ti starai chiedendo: perché me ne parla se, da come dice, Roma è uno scatafascio?

Roma Trastevere
Foto scattata a Trastevere, così, per caso

Roma mia

A un occhio attento non sarà sfuggito quel “Roma mia” che smaschera un certo tipo di affetto, di quelli che riservi ad una persona di famiglia.

Roma mia, perché, ho finito inevitabilmente per amarla e, quando dico amarla, intendo in maniera viscerale.

Roma con quella “R” che solo chi è di Roma sa pronunciarla bene.

Roma con le sue signore di borgata che te fermano per sapere sempre li cazzi tua.

Roma con la commessa del negozio che a Milano era solo “Buongiorno” e “Buonasera” e qui ci diventi amica.

Roma con quel colore rossastro che te pare d’esse sempre ar tramonto.

Roma cor centro maestoso e a periferia lontana.

Roma sempre piena di turisti che te fa respirà er monno.

Roma che, quando giro in bici a Garbatella, me pare de sta’ in un film degli anni ’60.

Roma col Vaticano onnipresente, che appena ti muovi, è tutto loro.

Roma mia, che è ad uno schioppo dal mare che per me è soffio vitale.

Roma non mi ha dato gloria nè carriera, almeno non ancora, ma mi ha regalato, come dicono

qui, de più.

Il mio Sud

Mi ha riconciliato con la parte del Sud con cui ero ancora in guerra.

Mi ha donato rapporti umani con persone che, e non è retorica, sono tra gli amici che considero più vicini.

Mi ha fatto incontrare mia figlia che oggi ha un accento inconfondibilmente romano (lei la pronuncia bene quella “R”).

Mi ha fatto assaporare il gusto delle passeggiate nei luoghi meno bazzicati dai turisti.

Mi ha ospitato mentre scrivevo Safari. 


Ora io non so se la vita mi porterà altrove o se la mia base resterà qui ma so che a questa città devo l’avermi fatto riappropriare di una parte di me che avevo messo in un angolo angusto con la promessa solenne di non uscirne mai. E invece, mi sento molto più completa insieme a quella parte, in una vita che oggi mira meno alla carriera ma molto, moltissimo, alla sua felicità.

Perché in fondo di lavori ce n’è tanti, ne puoi cambiare molti durante la tua esistenza, ma nessun lavoro, neanche il più bello, il più entusiasmante, il più gratificante, vale la strada verso la tua felicità.

E tu hai un luogo particolare, un posto speciale che hai impresso nel cuore o che ha rappresentato un cambiamento fondamentale per la tua vita?

Se ti va di raccontarmelo, sono tutta orecchie, anzi tutta occhi.

Take a break. Prenditi una pausa (… che è meglio)

Hai presente quando hai un appuntamento importante?

Ti trucchi carina, il giusto che troppo fa pacchiano… il tacco no, è un appuntamento informale.

Il tuo solito autobus “magicamente” decide di fare un nuovo tragitto, tu scendi molto prima della destinazione perché a questo punto non sai dove ti porterebbe, ti scapicolli a piedi, attraversi il Tevere, scatti una foto alla tua destra e una alla tua sinistra per il tuo Instagram, senza fermarti per carità che non c’è tempo.

Tevere Roma break
Foto Tevere lato destro

Arrivi all’appuntamento, setti il cervello per non farti sfuggire alcuna informazione su cui poi rifletterai più tardi. Esci da lì e… squash!

Un acquazzone di quelli che non vedi da mesi e tu naturalmente sei senza ombrello, con il trench leggerino perché ormai pensi sia primavera, le scarpe non impermeabili che le puoi strizzare e chiaramente non un’ombra di riparo da qui alla fermata dell’autobus, anch’essa senza pensilina. Yeah!

Che poi naturalmente l’autobus non accenna ad arrivare e tra un po’ l’acqua sgorga dalle tue sneakers.

La sera un leggero mal di gola, poi più nulla ed esclami orgogliosa:

Beh, dai, pensavo peggio. Sono ancora una roccia”.

Quando imparo a stare zitta?!

La mattina dopo….

… Cos’è quello strano dolore, infimo e debilitante, che proviene dalla tua, ebbene sì, chiappa destra? E non contento prosegue lungo tutta la gamba fino alla caviglia?

Ecco che emerge un ricordo lontano, lontanissimo: tu, bambina, e tua madre che parla con un’amica di “Sciatica”.

Sciaticaaaa?

Una roba da vecchi, una roba che tu pensi a te non potrà mai accadere e, invece, la tua dottoressa spegne tutte le illusioni con la sentenza: “Sembra proprio una sciatalgia!”.

Eccoti lì, non riesci a piegarti, a metterti i tuoi amati jeans, a salire sulla bici e, mentre ti trascini a piedi in farmacia perché naturalmente, di tutti i rimedi omeopatici di cui sei fornita, proprio l’Arnica non ce l’hai… tu su quel marciapiede a 1 cm al secondo, incontri la vecchietta, con tanto di carrellino per la spesa, che con un sorrisetto beffardo, ti supera da destra. Clint Eastwood nel tuo sguardo, Morricone nella testa, raccogli la sfida e pensi: “Goditela perché tra due giorni ti do ‘na pista, bella”.

Stop. Black out. Fermi tutti

Mi sono dovuta fermare. Una specie di agonia cosmica per me.

Io che guardo avanti, io che non riesco a stare ferma per più di 1 minuto, io che corro sempre, ogni tanto mi giro e ammiro quello che ho intorno ma nella mente sto pianificando il passo successivo, io che il qui e ora non l’ho ancora capito bene, io che sto sempre andando da qualche parte, ma dove sto andando????

Ma dove vai????

Insomma quando mi ricordo, ascolto i messaggi della vita.

E mi pare proprio che questa volta l’universo mi abbia detto:

Tevere lato Castel Sant'Angelo
Foto Tevere lato sinistro – Castel Sant’Angelo

Take a break. Prenditi una pausa.

E questo ho dovuto fare. Break, pausa, stop!

Tempo fa ti parlai di rinvaso e del mio bisogno di ri-centrarmi. Ecco, questa volta è stato il mio corpo a costringermi a farlo, a riflettere, a rimettere a fuoco per poi riprendere il cammino.

Mentre scrivo la chiappa è ancora fuori uso ma la gamba sta migliorando. Ho avuto il tempo di riprendere in mano un libro che dovevo finire da tempo, di sfogliare vecchi appunti, riguardarmi dentro e anche di sclerare, lo confesso.

Ho sclerato e poi mi sono chiarita con me stessa. Ho deciso di lasciar andare alcune cose che mi comportano un grande dispendio di energie e nessun risultato positivo.

Non ho ancora preso decisioni future, del resto la chiappa mi fa ancora male, non è tempo di prendere decisioni. A quanto pare mi serve ancora rallentare, fare un bel respiro, osservare bene.

E poi proseguire che questa è la vita che ho adesso e, indipendentemente dal fatto che credi alla reincarnazione o al paradiso, questa è la vita che posso cambiare, che posso vivere al 100%. Che sembri una matta sempre di corsa non me ne frega una beneamata ceppa.

Voglio vivere fino in fondo, voglio fare tutto quello che ho nella testa e nel cuore e non sono disposta a rinunciare a me stessa e ai miei desideri, né ora, né qui, né mai.

Non diventerò una donna aldritto solo perché ho compiuto i 40. Sono io, giusta, sbagliata, semplice, complicata, non lo so neanch’io come sono e sinceramente non mi importa granché. Non mi interessa definirmi.

Voglio prendermi la libertà di essere me stessa e basta.

Voglio solo essere stramaledettamente felice. Qui e ora (forse che ho capito finalmente il significato?)!